il tantra del sesso
Il tantra del sesso – come giunto perlopiù in occidente dall’oriente – alla meglio è una fantasia infantile. Un contro-copione esilarante.
Se lo assumo consapevolmente come copione, può giocare il ruolo del chiodo scaccia chiodo – copione scaccia copione – e lasciare la lavagna pulita da istruzioni condizionanti, più o meno automatiche.
Cosa intendo per lavagna pulita? Nel corpo entrare in movimento con il più vasto, con le forze cosmiche, con l’infinito. Quelle stesse forze, che muovono la manifestazione e il moto delle galassie, vivono e muovono anche il corpo. L’apparentemente finito – apparentemente racchiuso nella forma – quale porta per l’infinito e la sua energia-informazione.
A quel punto stare con ciò che si rivela oltre l’intenzione, la finalità, i propositi, rinunciando alla prossima studiata mossa, è quanto basta, come in ogni altro ambito esistenziale. Il corpo mosso ama fare l’amore e sa come farlo, siamo noi che gli imponiamo movimenti voluti, pretese, addestrandolo, guidandolo invece di lasciarci guidare.
Abitiamo allora corpi pensati più che sentiti – addomesticati.
Corpi assoggettati alla materia, nel volersi più performarti, più orgasmici, più porno, più responsivi.
Responsivi a cosa? Ai nostri progetti mentali? A un certo materialismo del pensiero al quale assoggettare anche quelle intime forze intelligenti che li portano a espressione?
Noto il dilagare di una certa attitudine meccanica verso i vari dearmoring, lo squirting e altre manipolazioni pelviche, a sostituire quelle, di dita amorevoli e pazienti, quale prolungamento della divina consapevolezza del pene. C’è una tale proliferazione, da credere che l’amore, nella sua espressione fisica, non sia mai stato in così pessime acque e che, di nuovo, a rendersi compiacente sia, ancora, una donna mai abbastanza all’altezza.
L’orgasmo ha assunto una falsa potestà sull’intimità, sull’amore. Si vorrebbero collezionare orgasmi speciali, eiaculazioni paritarie e, tuttavia, nel frattempo, l’incapacità di Ascolto, in entrambi i corpi, ci rende insensibili all’effetto sorpresa dell’onda orgasmica. Insensibili alla delizia di essere spazzati via, quali copioni già scritti, sordi alla fermezza dell’amore che siamo, senza e con circon-voluti godimenti. La perdita dell’identificazione con il corpo è, sì, il massimo “piacere”. Un piacere artistico che c’invade di bellezza e che rischia di rimanere nell’eros, una promessa, se non c’è dedizione all’ascolto aperto e all’indagine del nostro funzionamento.
Da bambina, intorno agli otto anni, andavamo a giocare il gioco della verità sul dado del muro di cinta del cimitero. Vi invito a andare insieme, romanticamente, al cimitero e presso i forni crematori, ogni giorno, per un certo tempo, poi vediamo che cosa resta delle personali e ammaestrate fantasie multi e super orgasmiche.
Potrebbe rivelarsi un buon punto d’indagine.
Scrivetemi!