madri, padri e terrorismo
Di nuovo ho dato via la tele, qualche mese fa. Risultato: ho, tra le altre cose, più tempo per leggere. Narrativa. La amo. Vado in biblioteca e mi faccio pescare dai i titoli in mostra. Di recente, attraverso una lettura e altre info d’attualità, ho preso atto di un fenomeno che non conoscevo. Il rapimento dei figli da parte dei padri.
Figli frutto di unioni tra culture e religioni diverse. In particolare tra maschi islamici emigrati in occidente e donne del paese che li accoglie. Talvolta lo stesso gesto accade da parte di madri occidentali che dopo aver provato a inserirsi nel luogo e nella cultura del marito, fuggono di nuovo con i figli verso l’occidente. Nel primo caso (e al rovescio nel secondo) diventa insopportabile veder crescere la prole in una cultura così “libera” e permissiva.
I figli, del resto, amano madri e padri di eguale amore, anche a dispetto di loro stessi e si vedono separati, con spesso il divieto o l’impossibilità, di tornare in contatto con l’altro genitore. Il fenomeno, in molti casi prevede, che la madre fedele alla sua cultura, riesca di nuovo a riavere i figli, rapiti dal padre con l’inganno. I padri, del resto, reietti poi anche a livello legale, perdono in molti casi la connessione con i figli, restando nel luogo di origine.
Se tanto mi da tanto, i figli sviluppano un amore speciale per il genitore escluso, covando inoltre, in una sorta di legittima lealtà, un inconscio senso di vendetta. Intuitivamente sento che in questo fenomeno, possono attecchire con elementare e insospettabile rigoglio, i semi del terrorismo.
Abbiamo l’onnipotente convinzione che i figli stiano bene presso la madre. È sempre vero?
Che ne è dei padri? Nel libro, documento di fatti accaduti, c’è la narrazione di una scena in cui la madre, nel riprendersi i figli, accoglie la complice azione di militari americani di servizio a Baghdad. Questi minacciano il padre sorpreso, il quale afferma: «Sono anche i miei figli».
Come si sentono i figli? Come si sente il padre? Voi cosa ne dite?