Il bisogno indotto e l’obbligo vaccinale
È buffo come nel tempo ci siamo convinti di aver bisogno di ciò di cui non abbiamo necessariamente bisogno, per noi e i nostri figli. A partire dalla maternità e dal parto, con tutto l’arsenale medico che mobilita.
Ricordo il medico di famiglia, quando ero bimba. Aveva i baffi pungenti quando abscultava e sulla soglia, il più delle volte, lanciava le sue prescrizioni: clistere di camomilla e mangiare in bianco. Nel tempo poi, i più, hanno preferito cedere al lavaggio del cervello che a quello dell’intestino.
Apprezzo gli avanzamenti della medicina e sono grata alla sua capacità d’intervenire nell’urgenza. Tuttavia per questa stessa funzionalità, non può essere preventiva. Deve creare bisogni e malattie per poter giustificare nuovi medicinali. Medicinali per combattere questa e quella minaccia. È il principio grossolano della guerra. Talvolta, inevitabile.
È necessario volgere lo sguardo dalla medicazione alla meditazione (grazie Osho). Coltivare la capacità innata (e non indotta) di essere consapevoli – mindful, come in molti, sedotti da nuovi nomi, preferiscono titolare questa capacità.
Fermi là, nessuna velleità di curare con la meditazione.
Ed è anche vero che il fare amicizia con il sentire profondo del corpo, permette di alleggerire quella nuvola di timore, paura, apprensione con cui tendiamo a circondare la nostra vita e quella dei nostri figli. È la paura di morire, il rifiuto della malattia, alla fine lo spauracchio della morte, che da così tanto potere all’industria farmaceutica. Il nuovo dio benevolente a cui sacrificare i nostri figli per evitare il peggio. Se la morte è il peggio che può accadere, la vita è, allora, già il peggio che ci è accaduto. Non si scappa.
La meditazione apre uno spazio di esplorazione oltre le convinzioni comprate da chicchessia. Contribuendo a riconoscerci nella nostra vera natura, porta in altra luce gli eventi naturali del vivere, come la malattia e la morte.
La scuola Warldof in questo è preziosa. Rispetta e lascia vivere al bambino e al genitore – che non può continuare a farsi i sui comodi a casa – altri livelli di esistenza, oltre a quello materialista ormai imperante.
I nostri figli non hanno bisogno di specialisti ma dell’inclusione dell’insondabile, nelle loro piccole vite ancora ricche di Quello. Hanno bisogno della nostra presenza nel quotidiano, nella natura, che li accompagni nella scoperta che ogni cosa muore e questo non impedisce alla vita di andare avanti.
La paura psicologica.
La parola chiave è quella paura, per chi sembra che ci tenga in pugno. L’unico contagio che solerti vogliono mantenere in vita è quello del panico.
Tutto il resto è messinscena.