Partorirai con piacere
Possiamo cominciare a rovesciare la narrativa del partorirai con dolore, nascerai nella sofferenza e di conseguenza morirai, con dolore?
Si può davvero parlare della morte, del morire, senza parlare del nascere, del sesso? Lo si fa, invocando ancora vecchi tabù. Lo si fa separando la farina dal germe, dalla crusca e mancando l’insieme.
Il mammifero umano è stato programmato per partorire in uno stato estatico/orgasmico, sotto la cascata degli ormoni dell’amore.
Questa è una delle chiarificanti conclusioni a cui giunge l’indagine del medico-ostetrico Michel Odent, esposta nel libro: >Le funzioni degli orgasmi
Quanti di noi sono consapevoli che alla base del legame c’è un atto sessuale? Alla base del legame profondo tra uomo e donna, della relazione tra madre e figlio e, in definitiva, dell’attaccamento alla vita? Inizia con la nascita e ci confrontiamo esso alla morte?
Quando parliamo di sesso, comunemente si pensa allo scambio erotico-genitale con un partner. Egualmente è a questo scambio che si fa riferimento, parlando di esperienza orgasmica. Questa lettura è limitata e limitante.
Una delle penetranti capacità della ricerca, rigorosamente scientifica, del medico Michel Odent, è l’aver documentato, in modo chiaro e leggibile per tutti, che i diversi eventi della vita sessuale – accoppiamento, nascita, allattamento – sono strettamente correlati. Si mobilitano gli stessi ormoni, si attuano i medesimi modelli neuro-corticali e inoltre ognuno di questi eventi ha un suo climax o potenziale orgasmico.
Quale miglior titolo allora, per questa sua esplorazione, di: Le funzioni degli orgasmi? Un titolo che può suonare vagamente familiare per i conoscitori dell’opera di Wilhelm Reich e che, grazie alle ultime scoperte di fisiologia e alle molte testimonianze, va ben oltre gli studi sull’orgasmo genitale. Che quest’ultimo porti in sé potenziali trascendenti si comincia ad ammetterlo, più rare e innovative sono le evidenze di climax della partoriente e della madre che allatta.
Gli ormoni in questione sono quelli dell’amore. Un mix ora ben identificato dalla scienza e che vede protagonista l’ossitocina, l’ormone del bonding (legame) per eccellenza. Inoltre, del benessere, della socievolezza, del cuore-aperto, della quiete… e non solo del ruolo meccanico d’indurre contrazioni, così ben coperto, oggi, dal suo sostituto sintetico.
Sono spiacente di deludere chi rincorre la fenice dell’orgasmo genitale. Da questa ricerca si evince che l’autentico punto culminante è destinato alla madre, durante e immediatamente dopo l’espulsione, quando madre e figlio si scoprono, si guardano negli occhi, s’incontrano pelle a pelle. È in questo momento che la fisiologia femminile è programmata per raggiungere un picco di ossitocina (di bonding, di amore, di coscienza cosmica). Un picco ancora più elevato di quello auspicabile durante il parto e sì, durante l’accoppiamento. La stessa capacità di sensualità estatica è insita nell’allattamento.
Sconcerta ma non sorprende, quindi, che, a pari e più dell’accoppiamento, quel momento sia culturalmente tra i meno compresi, e tra i più inibiti. “È facile interrompere bruscamente uno stato orgasmico” dice l’autore e la socializzazione-medicalizzazione della nascita ci riesce perfettamente. Il controllo culturale della nascita, e questa è un’altra delle corroborati intuizioni di Odent, è proporzionale al controllo dell’accesso alla trascendenza.
Sono stata toccata più volte da questa comprensione: il cattolicesimo – la Chiesa – si è opposto a una sana esplorazione della sessualità non tanto per motivi morali. Piuttosto, è entrato in competizione aziendale quale copyrighter assoluto della preghiera, con l’esclusiva della trascendenza. E in ciò non vuole esserci una critica ideologica a questa istituzione. Tutte le religioni e le culture istituzionalizzate l’hanno fatto, anche quelle piccole e laterali, e Odent analizza bene questo fenomeno e la necessità di regolamentare il culto. L’estasi, ahimè, è difficilmente disciplinabile, inoltre un portale di cui la femmina sembra possedere il mazzo più grande delle chiavi biologiche.
L’indagine di Odent è così profonda, da porsi una serie di domande importanti sulla necessarietà evolutiva di tale controllo e su quella che definisce la fobia dell’orgasmo (che si esplica, ora, anche al contrario – l’accanimento all’orgasmo).
Niente è più fisiologicamente vicino alla preghiera della naturalezza dell’accoppiamento e l’autore amplifica questa vocazione biologica esponendo la connessione tra i vari momenti della sessualità: il riflesso di eiezione dello sperma – e dell’orgasmo femminile – il riflesso di eiezione del feto, il riflesso di eiezione del latte. Tutti involontari.
L’ossitocina è stata definita da una ricercatrice donna l’ormone timido. Le donne sono pioniere e rappresentano il maggior movimento propulsivo, fin dagli anni 70, delle successive ricerche intraprese da Odent. Timido, in quanto si esprime al meglio in situazioni ambientali protette, senza sentirsi osservato, in un atmosfera di raccoglimento e silenzio, nella luce soffusa e delicata, e nel confidente, totale abbandono alla competenza del corpo.
Inibire la naturale attitudine all’orgasmica trascendenza significa quindi inibire il picco naturale di ossitocina, che, insieme agli altri ormoni dell’amore, si manifesta spontaneamente quando alcune condizioni specifiche sono rispettate. Il riconoscimento della donna, della esuberante capacità che ha il suo corpo di produrre tali ormoni, della sua naturale maestria a portare a termine il parto in una condizione d’intimità e protezione.
Quali sono, secondo l’autore, gli inibitori più potenti? Quelli che sollecitano l’attività della neocorteccia. Che cosa ci provoca sofferenza? Ciò che siamo convinti di sapere. Meno la donna, nel partorire, è stimolata a sapere che cosa e come dovrebbe succedere, più il suo corpo s’impregna di ormoni dell’amore. Siete coscienti di quale prospettiva ribaltante apre questa occhiata sulla nascita?
Odent mette in discussione – a parte l’evidente utilizzo facile del cesareo e dell’ossitocina artificiale – anche l’attitudine democratica di una compiacente medicina emancipata che traduce il ruolo dell’ostetrica in autorità di controllo. Che porta il padre nel campo della partoriente e altre figure assistenziali di cui la donna, restituita al suo potere fisiologico, non ha bisogno. Non solo non ne ha bisogno ma sono di disturbo allo sbocciare di uno stato estatico al quale le naturali risorse organiche tendono.
Quale dovrebbe essere, secondo Odent, l’arte eccelsa dell’ostetrica in un travaglio naturale? Quella della testimonianza silente, che non interferisce con il primo contatto tra madre e neonato.
«Le nuove generazioni di madri – egli scrive – sono state condizionate dall’idea che la donna sia incapace di partorire senza la guida di un esperto. Le donne concludono erroneamente che maggiore sarà il sostegno che riceveranno, più facile sarà la nascita».
Medico chirurgo, agli inizi della sua carriera si stupiva che nell’ospedale in cui lavorava, si riunisse intorno al parto un sempre più assiepato numero di figure professionali maschili. E che il momento più rumoroso e frenetico fosse proprio quello che seguiva immediatamente la nascita. Gli uomini sono biologicamente equipaggiati al meglio per altro e nobile compito che insegnare alla donna come partorire e… come fare l’amore.
Sono portati per ben intraprendere, per es., una così impeccabile, preziosa indagine scientifica che ci sollevi dal peso di credenze arretrate, con parole di una semplice e rivoluzionaria chiarezza: “Mettendo a confronto i recenti dati della scienza con gli aneddoti riguardanti nascite avvenute in condizioni eccezionalmente rare di privacy e di protezione, e tenendo bene a mente che la liberazione di ossitocina – l’ormone timido – è altamente dipendente dai fattori ambientali, giungiamo alla conclusione che il mammifero umano è stato programmato per partorire in uno stato estatico/orgasmico.”
Altro che il religioso e intimorente: partorirai con dolore! A cui segue a ruota: morirai tra le sofferenze!
“È difficile – egli scrive – dare una definizione di una parola come sacralità.” E aggiunge: “Coloro che hanno capito che il processo della nascita è un processo involontario non penserebbero mai di usare la parola coach”. Difficile da cogliere in pieno, fuori contesto. Mi soffermo solo sul: “il processo della nascita è un processo involontario”. Queste parole sono dirompenti.
Nel rispetto del suo essere involontario sta la sacralità. Anche l’alchimia dell’allattamento è involontaria e la chimica fisiologica dell’accoppiamento. Per quanto mi è stato dato di sperimentare assistendo mio padre – a casa – anche il processo della morte. E questo la dice lunga. Che anche il morire, in condizioni particolari di intimità e protezione nasconda la potenzialità di un suo climax?
Questo articolo è un aggiornamento di un mio pezzo, uscito al tempo, in forma più breve, sul trimestrale >Scienza e Conoscenza n°40