Valore, talento, successo e destino
Secondo le parole di Mendes, uno dei tutori di un giovane Van Gogh, in conflitto tra una vocazione ecclesiastica pregna di buone intenzioni e l’anelito, ancora confuso, per il dipingere.
Come Mendes – passando con Van Gogh davanti alla vecchia casa di Rembrandt – gli rivela cosa significhi conoscere il proprio valore, anche se si è, gli unici a conoscerlo.
Poiché questo riconoscimento è il successo e non il valore attribuito dagli altri.
Per favore, se potete, evitate lo slogan: se riconosco il mio valore lo riconosceranno anche gli altri. Sì, tuttavia il Valore a differenza della nostra mente non crede in alcun tempo lineare.
“Mendes: «È morto povero».
Van Gogh: «Ma non è morto infelice».
Mendes: «No. Aveva espresso pienamente se stesso e conosceva il valore dell’opera sua. Era l’unico, ai tempi, a conoscerlo.
Van Gogh: «Ed era poi un bene che ne fosse così convinto? E se si fosse ingannato?
Se il mondo avesse avuto ragione nel trascurarlo?».
La risposta di Mendes è così toccante da ribaltare secoli di sfiducia in noi stessi.
Mendes: «Il giudizio del mondo aveva poca importanza. Rembrandt doveva dipingere. Che dipingesse bene o male, non importa. La pittura era la sua ragione di vita. Il valore essenziale dell’arte, Vincent, sta nell’espressione ch’essa da all’artista. Rembrandt portò a compimento quello che riteneva il suo compito d’uomo; e questo bastava a giustificarlo. Anche se la sua opera non avesse avuto nessun pregio, egli avrebbe così conseguito un successo mille volte superiore a quello che avrebbe potuto conquistare rinunciando alle sue aspirazioni e diventando il più ricco mercante di Amsterdam».
Dalla fonte “Brama di Vivere”, Il romanzo di Van Gogh – Irving Stone, tra i libri più amati dal mio barbamaster – Osho.
Il successo sta in questa inevitabile perseveranza e non nel malinteso riuscire agli occhi del mondo. Questo ci fa sentire perpetuamente inadeguati e manchevoli. Che ciò che facciamo sia di valore, apprezzato o meno (da chi?), il successo sta nella forza di portare avanti qualsiasi nostra espressione che per noi, indipendentemente dagli altri, ha ed è valore. Poiché io sono quel valore.
Il destino
Da un’intervista a Bert Hellinger, la Madre delle rappresentazioni sistemiche e familiari, come lui amava definirsi?
Che fine stanno facendo le costellazioni alla luce di queste potenti parole?
D.Quindi, al fine di essere in grado di attingere forza dal proprio sistema familiare e padroneggiare il proprio destino, si deve prima capire che cosa è al lavoro in questo sistema familiare?
R. Sì, si deve prima capire.
D. In caso contrario, non ci si può liberare?
R. Tornando ancora una volta al destino che deriva da un irretimento, ci si deve chiedere: quando qualcuno assume un simile destino sotto l’influenza della coscienza collettiva, non guadagna forse questa persona grandezza da esso attraverso il modo in cui se lo assume?
Vi è un atteggiamento diffuso che tutti noi meritiamo la felicità e abbiamo il diritto a una vita confortevole dove tutto va come vogliamo. Si tratta di un’idea molto superficiale. La grandezza umana, però, è qualcosa di molto diverso. Nasce anche dal padroneggiare destini pesanti. Guardare a dei destini che derivano dalle funzioni della coscienza collettiva inconscia come semplicemente negativi non è accettabile per me, in quanto quello che ne deriva è ben più ricco e multidimensionale. In caso contrario, i grandi destini e anche quelli tragici non esisterebbero. Ci costringono a vedere la vita in modo diverso rispetto a come vorremmo che fosse.
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8 maggio 2021, ore 9:30, 12:00 laboratorio su Zoom ed eventualmente in presenza a numero limitato
Il vero successo e che cosa lo genera.
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