Wild wild country di “noialtri”

Wild wild country di “noialtri”

Memorie di una discepola qualunque, nel Wild Wild Country

Ora che le acque smosse dalla docuserie Wild Wild Country si sono calmate, e siamo in attesa del seguito(forse), sento di contribuire con alcune delle mie memorie. Niente di pruriginoso, visto che i ruoli di conduzione e gestione della comune sono rimasti abbastanza remoti al mio destino.

Intanto, come sono arrivata lì, con l’entusiasmo di rimboccarmi le maniche, ha qualcosa da dire. Il primo anno mi ha vista soltanto partecipe al festival, dove in molti arrivavamo, solo in transito –

La cream crew(equipaggio scelto) delle donne che giravano l’Europa in cerca di “lavoratori” aveva toccato anche Milano, dove mi trovavo per l’occasione. I requisiti per essere una “summer worker”(lavoratrice estiva) spesata, sembravano lontani dalle mie “competenze”. Non ero una “center leader” e non avevo possibilità di contribuire con laute donazioni. Avevo una cosa sola nella mente e nel cuore: essere vicina a Bagwan, il mio Maestro.

Di ritorno, di prima mattina, alla stazione di Firenze mi sono sorpresa a entrare nell’ufficio postale, dove ho chiesto il modello per inviare un telegramma. Ho impostato il destinatario e l’indirizzo – Bagwan Shree Rajneesh, Rajneeshpuram… Oregon – e, ben chiaro, il mittente.
Ho poi scritto poche parole: ” Beloved Master, please, i want to come”.(Benamato Maestro, per favore, voglio venire.)
La risposta non si è fatta aspettare molto: “Come!”.(Vieni!)

Dall’inizio la mia relazione era ed è rimasta, nel mio cuore, quella diretta con il Maestro. Che importa se a rispondere fosse una qualsiasi anonima segretaria o se la segretaria ufficiale a un certo punto si presentasse al meeting con un versace attillato e la pistola in un splendida fondina di lusso? Altro non era che uno degli specchietti per le allodole là fuori. Un destino imponente e pesante il suo, che non giudico.

Ed è così che ho preso parte, dal secondo anno.
Poi, con condizioni diverse c’è stato anche un terzo e un quarto anno, a seguire, per il tempo del visto e sua eventuale replica. C’è stato anche un momento in cui ho cercato di avere la carta verde. La saturazione delle richieste, tuttavia, era evidente. Mi è stato risparmiato il quinto e ultimo anno.

Non ho mai pensato che la comune dovesse durare per poco o per molto, non era importante.
Importante, per me, era vivere l’opportunità per come mi era offerta. Quanto può mai durare un abbraccio coinvolgente? E un mondo ideale? Chi ha detto che doveva durare? Anche dal più bel sogno è necessario svegliarsi.

All’inizio non è stato facile. Le condizioni in tenda erano al limite del vivibile – fango e pioggia penetravano senza pietà e le ore di lavoro erano tante, senza tregua. Stavo per mollare l’osso, con il cuore in tumulto. Il giorno dopo, mesta, al drive by avevo gli occhi bassi. Quando li ho alzati, i suoi di occhi erano nei miei, e con un leggero saluto della mano è passato oltre. Drive by era il nome del passaggio quotidiano di Osho, tra due file di tutti noi, alla guida di una delle vituperate Rolls – un altro degli specchietti per le allodole.

Il giorno seguente molte cose son cambiate. Mi è stato assegnato un nuovo ruolo – dalle pulizie della grande cucina, in particolare gli angoli bassi, quelli che richiedono di stare a quattro-zampe – al counter, dove venivano esposti i pasti. Dalla tenda sono passata ai “funghetti”, piccole dimore più solide e asciutte. L’attitudine, soprattutto l’attitudine era cambiata. Quella era, ora, la mia casa, dove accogliere, con cura e amore, ogni ospite.

Ci sono stati, poi, tanti “piccoli miracoli” e la chiara consapevolezza che la mia attitudine faceva la differenza. Con il tempo sono passata a vivere nei trailers, nella magnifica Desiderata, dove la mattina alle tre e mezza – tendevo a scegliere il primo turno – ero accolta, superata di poco la porta, da gruppi di daini, la cui accoglienza poco timorosa rispecchiava(come nella desiderata ritrovata nella chiesa di Baltimora), la pace del luogo.

Avevo 24 anni quando sono arrivata. Facevo parte di uno dei più audaci esperimenti collettivi in cui, alla maniera di Gurdjieff, il lavoro con poche pause funzionali, era l’unica pratica. Worship lo chiamavamo ovvero la devozione al momento, con quello che porta, né più né meno. Quale guru è più amorevole e impietoso di questo preciso istante di realtà?  Nessun culto, nessuna idolatria del guru – come molti pensano – nessun occulto secondo fine.

Ogni luogo… ogni cesso, ogni ripostiglio aveva questa scritta: “questo è un tempio…rispettalo come tale”. Nessuna differenza tra la grande sala di meditazione(buddha hall) e la lavanderia. Che gioiosa opportunità! La meditazione calata in ogni ambito e, in ogni gesto.

L’offerta unica di un mondo in miniatura – c’era anche il Grand Hotel, il casinò, l’università, l’aereoporto e, perché no, il poligono di tiro – il cui nascere, svilupparsi in bellezza e potenzialità, per poi corrompersi nei più diversificati giochi di potere, si dispiegava davanti ai miei occhi, in modo accelerato. Che espediente portentoso! Tali giochi di potere si affacciavano anche in me, quando per es, ho trattato con inaspettata crudeltà qualcuno del mio team. Proprio lì ho riconosciuto, potenzialmente, il mio di Hitler.

Leggo giusto adesso un post, riferito a Thich Nhat Hanh* ovvero come il lavare i piatti possa diventare un atto sacro. Ecco, di questo e di tanta poderosa energia d’amore si è trattato, nel meno spettacolare e più intimo Wild Wild Country. Dopo 12 ore di attività, riuscivo anche ad andare alla disco. E con quanta energia danzavo!

Se questo lavandino è un tempio, questa tazza di tè è un tempio, questo cesso, questo ripostiglio è un tempio… allora lavare i piatti, sorseggiare un tè, riordinare il ripostiglio, pulire a mani nude il bagno diventa preghiera. Scoprivo sprazzi di questo spazio, durante le mie mansioni giornaliere: tutto il “mio” essere, un’unica esperienza orante. Uno “sconcio” fare l’amore con il momento. Come con l’amato.

Così sconcio, che quando qualcuno mi chiedeva che cosa avevo imparato in Oregon, dal Maestro, rispondevo: «Ho imparato ad essere una casalinga… in stato di grazia».
Dove pensate che abbia imparato a piegare in modo agile e corretto le lenzuola con gli angoli?
In una delle lavanderie della “mitica” Wild Wild Country.

*>Thich Nhat Hanh: il miracolo della presenza mentale

Eventi:
Energia&Consapevolezza – campo di meditazione intensivo
19-20 maggio, dalle ore 9 di sabato alle 18:30 della domenica
► Info e iscrizioni: 328 1760671, info@meditamondo.it
340 7880612, info@elsamasetti.it
► Associazione Culturale Meditamondo – Via Sorelle Morelli 19 Fano

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